Corriere della Sera – di Michele Marangon (9 aprile 2022)
La battaglia del presidente del ‘’parlamentino’ degli italiani all’estero: «Tutelare il Made in Italy, garantire sicurezza alle nostre attività e a quelle di chi ha scelto di trasferirsi lontano dall’Italia. Opportunità per i territori come il Circeo»
L’imprenditore romano trapiantato a Miami Andrea Di Giuseppe, presidente del Comitato italiani all’estero ‘South East’ degli Stati Uniti ( il ‘parlamentino’ dei connazionali all’estero emanazione del ministero degli Esteri), racconta il suo progetto per la creazione di canali commerciali e flussi turistici tra Usa e Italia e lancia un allarme sull’uso improprio di fondi destinati ad attività all’estero che invece potrebbero essere investiti più efficacemente per il rilancio delle imprese italiane. Si tratta di finanziamenti erogati dall’Italia attraverso la Farnesina e, più in generale tramite il bilancio dello Stato, con lo scopo di tutelare e valorizzare i connazionali espatriati. La proposta di Andrea Di Giuseppe è quella di destinare i fondi alle aziende che lavorano a cavallo tra Europa e Stati Uniti. «Negli scorsi mesi – spiega l’imprenditore – ho preso contatto con diverse realtà nazionali e Comuni del Lazio, regione pilota per far partire questa attività, lavorando alla messa on-line di un piattaforma per far partire questa azione. Adesso, dovremo stare alla finestra alcuni mesi, in attesa dei risultati delle elezioni comunali in Italia che, a seconda dei risultati, ci consentiranno di dare continuità ai discorsi già aperti con alcune amministrazioni o, in caso di ribaltamenti, intavolarne con altre forze politiche. Questo non toglie – continua l’imprenditore romano stabilitosi negli Usa nel 2001 – che il dialogo con le aziende proseguirà normalmente».
Il presidente del Comites ha sottolineato l’importanza dei fondi destinati dall’Italia alle attività negli Stati Uniti e nel resto del mondo. «Per le comunità di italiani all’estero – spiega – ogni anno milioni di euro vengono destinati ad attività prive di senso. Si tratta di costi, spese, non di investimenti. Bisogna destinare più soldi alle imprese, alle attività commerciali, tutelare il Made in Italy, garantire sicurezza alle nostre attività e a quelle di chi ha scelto di trasferirsi lontano dall’Italia o di lavorare a cavallo fra i due continenti. Stiamo lavorando a un’azione legale a livello internazionale per chiedere una regolamentazione e una supervisione di questi fondi. I Comites, ad esempio, dovrebbero autofinanziarsi, non essere sostenuti con soldi dei contribuenti. Bisogna dare l’esempio». Intanto, prosegue il lavoro con l’Italia: «Abbiamo individuato una serie di siti storici che, messi a sistema, potrebbero dare vita a un percorso di grande fascino, garantendo una destagionalizzazione del turismo. E’ un obiettivo di molti Comuni ma le amministrazioni possono raggiungerlo solo facendo squadra. Immaginate, per fare un esempio, quanti statunitensi potrebbero venire a Roma, a Milano, o in altre città e scegliere tra diversi pacchetti turistici per scoprire e visitare delle meraviglie lontane dalle metropoli e dai canali convenzionali: sarebbe un bene per tante realtà italiane. Pensate, per fare un esempio di attualità, al Circeo. Quando sarà riaperta in maniera stabile la grotta di Neanderthal, il sito più importante del suo genere in Italia e al mondo, questo paese e i Comuni vicini potrebbero ospitare ogni anno migliaia di visitatori dall’estero; al tempo stesso, chi ha visitato San Felice potrebbe, una volta tornato in patria, cercare i prodotti locali e ritrovarli grazie ai canali commerciali che vogliamo creare. È un discorso applicabile a moltissime realtà. Chi diceva che la più grande risorsa economica dell’Italia è il turismo non sbagliava; io aggiungo che la gestione deve essere imprenditoriale».