Avevo un accordo con diversi datori di lavoro a cui avrei corrisposto tra i 3.000 e i 4.000 euro nel caso in cui fossero entrati in Italia i cittadini bengalesi richiedenti. Dei soldi che mi venivano dati una parte era destinata all’alloggio (1.500 euro), una parte al volo (1.500 euro) ed una parte all’agenzia di viaggi di Dhaka, oltre alla cifra da corrispondere ai datori di lavoro. Io e mio nipote ricavavamo circa 1.000 euro a testa». Islam Nazrul, uno dei più noti esponenti della comunità del Bangladesh in Italia, vuota il sacco e restituisce il prezzario del mercato nero dei permessi di soggiorno e dei visti, al netto delle somme pagate per corrompere i funzionari dell’ambasciata italiana del Bangladesh: cellulari, televisori, automobili, soggiorni a Dubai e safari di lusso. Un sistema andato avanti per molto tempo. Fino a quando non hanno offerto circa due milioni di euro al deputato Andrea Di Giuseppe (Fratelli d’Italia), componente della Commissione Affari Esteri. Il politico ha denunciato e la faccenda è finita in tribunale: sono coinvolti anche due dipendenti dell’ambasciata italiana. Recentemente Islam Nazrul e il complice Kazi Shamim hanno cambiato i loro difensori. Sono assistiti dagli avvocati Pierpaolo Dell’Anno e Giuseppe Murone. E la scorsa settimana, in aula, i due imputati hanno deciso di confessare. Hanno spiegato che per far venire in Italia i loro connazionali occorreva dimostrare che potessero lavorare. Dunque servivano datori di lavoro compiacenti: «A fronte di 4.000 euro lui (l’imprenditore, ndr) avrebbe assunto e corrisposto come stipendio ai miei connazionali 1.200 euro al mese». Ancora: «4.000 euro andavano all’imprenditore e 1.000 euro a me». Invece per un nulla osta bisognava conoscere «qualcuno in Prefettura o in Polizia… per fare questo lavoro servivano 300 euro». Sistemate le scartoffie occorreva rivolgersi all’ambasciata, anzi ai funzionari infedeli. Ed è qui che entra in gioco Nicola Muscatello. «L’ho conosciuto tramite il fratello Giuseppe, che aveva un incarico presso la Presidenza della Regione Lazio e che verso la fine del 2021 si è recato in varie occasioni presso il mio ristorante Il Siciliano Fish», dicono gli indagati. Il giro di soldi era importante: «Nel 2022 ho consegnato 10.000 euro… destinati a una persona dell’ambasciata italiana a Dhaka, Nicola Muscatello… ci avrebbe potuto aiutare per i visti». Per ogni pratica andata a buon fine l’uomo riceveva un compenso di «800 euro a persona». I favori sarebbero stati diversi: cene al ristorante, soldi versati a un’amica, camere d’albergo e anche azioni benefiche come i pasti portati al Bambino Gesù, per una ragazzina che non mangiava cibo italiano. «C’era un accordo tacito, in base al quale ho consegnato i soldi affinché lui potesse fare per me i controlli sullo stato delle pratiche e potesse privilegiare le mie pratiche rispetto alle altre», dicono gli indagati parlando di consegne importanti: «Ho dato 30.000 euro in contanti per 40 richieste che ho mandato a lui nel corso del 2022. 10.000 erano miei, 10.000 di un’agenzia di viaggi di Dhaka e 10.000 di mio nipote». Altre tariffe per i visti turistici: «Mi dovevo occupare dell’albergo per la prima settimana (pari a 700 euro), dell’aereo (1.500 euro) e dell’agenzia in Bangladesh (1.000 euro), gli extra li dividevamo io e mio nipote (più o meno 2.500 euro)». Era il prezzo della corruzione, per trasformare diritti in privilegi elargiti solo a chi era disposto a pagare.