La convocazione di Forza Italia e le adesioni «a rilento» del centrosinistra
Sono gli onorevoli «firmaioli». Deputati in netta prevalenza di centrodestra. Per essere precisi in maggioranza di Forza Italia, convocati dal capogruppo Paolo Barelli, anche se è lunedì mattina e la Camera lavora con il freno tirato. Al secondo piano del palazzo dei gruppi parlamentari, dove c’è la giunta per le elezioni della Camera, si raccolgono le firme da depositare in Cassazione per richiedere il referendum sulla giustizia. Ne servono ottanta qui e quaranta al Senato. È questo il piccolo, ma simbolico, evento del giorno. Il primo derby. Una partitella di «riscaldamento» tra le due squadre che si misureranno per mesi prima della finalissima prevista a marzo. Nessuna corsa, al massimo una sgambata. Davanti a un dirigente di Montecitorio, in versione notaio, ci sono due fogli. Il primo raccoglie le adesioni dei deputati delle opposizioni (eccetto Iv e Azione) che chiederanno il voto popolare per bocciare la riforma. Il secondo, al contrario, mette in fila gli onorevoli di centrodestra che per primi si sono mossi per «chiamare» il referendum. A fine serata il risultato parziale sarà: una quarantina di firme della maggioranza e una decina delle opposizioni. Dettagli rivelatori, segnali da cogliere? «Io mi sono precipitata venerdì, e sono stata tra i primi in assoluto, d’altronde il mio dna radicale resta», scherza la ministra Eugenia Roccella, eletta con FdI, motivata sostenitrice del sì. Il lunedì è dunque il giorno di Forza Italia che prepara la «giornata della Giustizia negata» in occasione del primo avviso di garanzia a Silvio Berlusconi, il 22 novembre del 1994. «Sono stato il primo questa mattina per convinzione e affetto verso il presidente», dice Barelli. «Io il numero sette: gioco a mezz’ala», va di metafora Giorgio Mulè, vicepresidente della Camera. Sfilano silenziosi Francesco Battistoni, Roberto Bagnasco e Alessandro Battilocchio. Portano allegria la sottosegretaria Matilde Siracusano e la deputata Patrizia Marrocco. Quest’ultima si improvvisa videomaker per la collega che vuole registrare un video per i social. I funzionari della Camera confessano anche di aver proibito agli onorevoli del sì di scattarsi selfie davanti ai fogli. E le opposizioni? Latitano. O meglio: se la prendono con calma. Il primo a farsi vedere è Andrea Casu del Pd: «Abbiamo segnali incoraggianti». Pochi leghisti avvistati, ma forse perché molti degli eletti non sono di Roma e quindi si presenteranno oggi con calma. Per Fratelli d’Italia spunta Chiara Colosimo, presidente della commissione Antimafia, immersa fra le carte di giudici e pm. È accompagnata dal collega Luca Sbardella. L’indicazione di Via della Scrofa è «andate a firmare». Non si sa se lo farà anche l’onorevole Giorgia Meloni. Tuttavia il pendolino ieri sera pendeva per il no. Così come per Antonio Tajani, eletto a Montecitorio, e Matteo Salvini, senatore. La tattica del «non personalizzare» passa anche dalla penna. Fa il suo dovere Sara Kelany, sempre di FdI, tra i volti tv che devono spiegare la riforma. Sarà lei insieme al collega Enrico Costa (FI) e Simonetta Matone (Lega) a portare le firme dei deputati in Cassazione. «Lo faremo domani (oggi, ndr )». Andrea Di Giuseppe, il deputato meloniano più trumpiano del Parlamento, è da poco atterrato a Fiumicino dagli Usa (ha il doppio passaporto). «Questa riforma innoverà l’Italia». Nel pomeriggio firmerà anche Ylenja Lucaselli impegnata nel frattempo a seguire i lavori della commissione Bilancio con il cellulare in vivavoce riposto in borsa. Oggi tocca ai senatori .